Domanda:
Come interpretate la parola "mafia"?
scattiata_83
2006-07-19 06:03:24 UTC
Tutti parlano di mafia, ma non tutti conoscono il suo vero significato......voi lo conoscete???
Sei risposte:
2006-07-19 06:07:51 UTC
Forse tutti noi siamo un po' mafiosi quando siamo egoisti
2006-07-19 10:45:46 UTC
Ora non vale piu' ma quando è nata credo stesse per:

Io mi faccio i C.....i perchè tu non ti fai i tuoi,

(valida o meno che sia )
felipe69
2006-07-19 06:13:21 UTC
la mafia non si interpreta...!!!!!
macumba_disco
2006-07-19 06:10:28 UTC
Misteriosa

Azienda

Favorevole

In

Assassinii
2006-07-19 06:09:39 UTC
Etimologicamente:



Il termine mafia ha diverse possibili origini etimologiche, più o meno verificabili o realistiche:



Derivazione dalla parola araba Mā Hias, "spacconeria", che sta in relazione con la spavalderia mostrata dagli appartenenti a tale organizzazione.



Derivazione dall'espressione dell'arabo parlato, e non di quello letterario, mā fī-ha significante "non c'è" o "non esiste".



Derivazione della parola dalla araba mu'afak, "protezione dei deboli", o maha, "cava di pietra".



Derivazione della parola dialettale toscana maffia significante "miseria" oppure "ostentazione vistosa, spocchia".



Derivazione dai Vespri Siciliani ed adottato come sigla per Morte Ai Francesi(Angioini) Indipendenza Anela (lo storico Santi Correnti ritiene però che il termine sia precedente alla dominazione angioina).



Tradizionalmente si narra che un soldato francese chiamato Droetto violentò una giovane. La madre terrorizzata per quanto accaduto alla figlia corse per le strade, urlando «Ma - ffia, Ma - ffia!» ovvero «mia figlia, mia figlia». Il grido della madre fu ripetuto da altri, e da Palermo il termine si diffuse in tutta la Sicilia. Il termine mafia che diventò così parola d’ordine del movimento di resistenza, ebbe quindi genesi dalla nobile lotta dei siciliani. .

Nel caso in cui il termnie derivasse dal toscano, sarebbe entrato nell'uso popolare in Sicilia subito dopo l'Unità d'Italia nel 1862, subendo il fenomeno dell'affievolimento fonetico, come altre parole toscane entrate nell'uso siciliano, per cui "macchina" diventa màchina, "malattia" malatìa, e "mattino" matinu; e servì ad indicare sia l'organizzazione segreta delle classi popolari, che proprio nella "mafia" di allora trovavano la difesa contro lo strapotere delle classi dominanti; sia la braveria e l'ostentazione vistosa, tipica dei "mafiosi" di allora. Ed ancor oggi, in Sicilia, l'aggettivo qualificativo "mafiusu" viene utilizzato anche per indicare qualcosa di incredibilmente vistoso o costoso: un vestito elegante o un'auto prestigiosa sono "un vistitu mafiusu, 'na màchina mafiusa", perché anticamente il popolo vedeva nel mafioso d'allora il suo difensore poiché accomunava l'idea di giustizia sociale con quella dell'avvenenza e della prestanza fisica.



Secondo lo storico delle tradizioni popolari Giuseppe Pitrè il termine era in uso nel gergo di un rione popolare di Palermo ed era sinonimo di bellezza e di audacia.



L'espressione mafia diviene un termine corrente a partire dal 1863, con il dramma I mafiusi di la Vicaria di Giuseppe Rizzotto e Gaetano Mosca, che ebbe grande successo e venne tradotto in italiano, napoletano e meneghino, diffondendo il termine su tutto il territorio nazionale.



In questo dramma il mafiuso è il camorrista, il guappo, l'"uomo d'onore", l'individuo cioè che aderisce a un sodalizio che si contrappone alle istituzioni e che ostenta coraggio e superiorità. Di "Mafia, o associazione malandrinesca" fa menzione un documento riservato firmato dall'allora prefetto di Palermo Filippo Gualtiero, nell'aprile del 1865.



Negli anni Sessanta dell'Ottocento inizia comunque la fortuna del termine, che anche in documenti ufficiali, ad esempio nelle comunicazioni di funzionari dello stato, indica, oltre che un'associazione a delinquere, un comportamento estesamente diffuso nella società siciliana.
2006-07-19 06:08:56 UTC
Morte

Alla

Francia

Italia

Anela



ecco cosa vuol dire


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