Se apriamo un qualsivoglia vocabolario della lingua italiana alla voce o lemma “ladro”, leggiamo: chi ruba o compie furti. Bene. Analizzando però la parola, ricercandone l’etimologia, vale a dire l’origine, scopriamo una cosa a dir poco… sorprendente: il vocabolo su menzionato, quando è “nato”, non aveva affatto l’accezione attuale.
Ladro viene, manco a dirlo, dal latino “latro, latronis”, derivato, a sua volta, sempre dal latino “latus, lateris” che significa ‘fianco’, ‘lato’ e in origine indicava una persona che camminava ‘a lato’, ‘a fianco’ di un personaggio di un certo rango al fine di proteggerlo da eventuali aggressioni di malintenzionati; oggi diremmo che il ‘ladro’ era la guardia del corpo di personaggi in vista. Il contrario, quindi, dell’attuale accezione. Con il trascorrere dei secoli – come si sa – molte parole hanno mutato il loro significato originario e il latino “latro”, infatti, si è trasformato in ‘ladro’ acquisendo l’accezione odierna di… ladro.
Il ladro ci ha richiamato alla mente un’altra parola di significato affine: furfante. Vediamo, anche in questo caso, la sua accezione dal punto di vista etimologico. Al contrario del termine precedente (ladro) questo vocabolo non ci è stato “consegnato” dal latino, come buona parte delle parole della nostra bella lingua, sibbene dal francese (ma il francese non discende dal latino?). Furfante, dunque, viene dall’antico francese “forfaire” (agire fuori della legge): ‘faire’ (agire) e ‘fors’ (fuori). Lo stesso termine francese “forfait” (non sempre adoperato a dovere, perché quando significa “rinuncia” è preferibile il termine inglese “forfeit”: il cantante ha dato “forfeit”, ha, cioè, rinunciato) sta a indicare, letteralmente, un accordo “fatto fuori” dell’ordinario, della legge